Salazar! Preferisco chiamarlo Sal, davvero, o Sousa, signor Sousa gli sta bene. Se qualcuno lanciasse una pietra, in qualsiasi posto a Goa, quasi sicuramente colpirebbe un maiale, una chiesa o un Sousa. Questo proverbio mi è già stato citato una dozzina di volte.
Il proverbio preferito dai goesi, però, è un altro, ma purtroppo ha smesso di avere un senso perlo-meno trecento anni fa:
«Chi è stato a Goa non ha bisogno di andare a Lisbona».
Un estraneo a Goa (Um Estranho em Goa), titolo a metà tra il reportage di viaggio e il romanzo di fantasia, pubblicato dapprima da Cotovia a Lisbona nel 1999, è la narrazione fantastica di un viaggio del protagonista a Goa, ex possedimento portoghese in Asia, ex sede del viceré portoghese che controllava tutti i traffici dal Capo di Buona Speranza fino agli empori più remoti del Giappone, in una ricerca delle tracce lasciate dalla plurisecolare presenza portoghese e di quel che rimane dell'antico splendore coloniale in una capitale in decadenza da secoli.